Il manoscritto SMMS M2 della Collezione Sutro è intitolato Coleccion de piezas de musica escogidas a dos guitarras, scritta negli anni Venti dell'Ottocento, collezione di brani originali e arrangiamenti per una o due chitarre a sei corde o sette corde, nella tradizione latino americana contiene una serie di opere di vario genere e provenienti da diversi paesi (Messico, Spagna, Italia, Austria). È significativo come questo libro termini con un jarabe messicano che include precise indicazioni di accordatura per la chitarra eptacorde. Le trascrizioni virtuosistiche delle ouverture operistiche per una o due chitarre documentano inoltre l'importanza e la generale pubblica accettazione dell'opera italiana in Messico già a partire dai primi decenni del XIX° secolo. Il manoscritto SMMS M5 contiene invece 83 opere non attribuite, arrangiate per chitarra e strumento in chiave di basso come accompagnamento ed è probabilmente da collocare nella prima decade del XIX° secolo, l'epoca dell'introduzione in Messico del valzer. Le opere 'spagnole' per chitarra sola presenti in questo manoscritto – i vari zapateados, boleras, polacas, e il minuet afandangado – e le rispettive variazioni suggeriscono la struttura e la funzionalità che potevano fungere da guida-base su cui improvvisare durante le esecuzioni concertistiche.
Jan De Kloe con il tema “Corrispondenza chitarristica italiana dall'Archivio Olcott-Bickford”, rende noto che negli anni Venti una donna americana di nome di Vahdah Olcott-Bickford (1885-1980) ha fondato la American Guitar Society di Los Angeles. Durante la sua lunga esistenza ha mantenuto contatti epistolari con chitarristi di tutto il mondo avendo come obiettivo primario quello di ottenere e condividere opere musicali per chitarra solista e cameristica. Nei primi decenni del Novecento, in un periodo in cui erano esigue le pubblicazioni commercialmente disponibili, ella è riuscita a raccogliere una vasta collezione di musiche che oggi è conservata presso la Biblioteca della California State University a Northridge. La collezione speciale IGRA (International Guitar Research Archive) è stata creata da Ronald Charles Purcell mettendo a disposizione degli studiosi e dei musicisti non solo le numerose partiture, ma anche lettere, registrazioni e vari documenti che sono pervenuti nelle sue mani dopo la morte della Olcott-Bickford. Il presente intervento si è concentrato sulla corrispondenza con i chitarristi italiani: nella documentazione del suo archivio sono infatti presenti lettere, programmi concertistici, musiche e fotografie che testimoniano contatti con importanti personalità legate al mondo della chitarra del primo Novecento fra le quali: Brondi, Mancinelli, Murtula, De Rogatis, Abloniz e numerosi altri. Ai nomi dei concertisti si aggiungono quelli di liutai come Raffaele Calace, noto mandolinista e costruttore di strumenti a pizzico, o ancora di collezionisti di chitarre antiche come Piero Sansalvadore, un pittore piemontese che ha vissuto e lavorato a Londra anche per la radio BBC durante il periodo del fascismo, presentando quindi le informazioni storicamente più rilevanti per conoscere in modo approfondito un particolare periodo della storia chitarristica, anche attraverso aspetti inediti che oggi possiamo studiare avvalendoci di questa importante collezione americana.
Ancora voce e chitarra attraverso l'esposizione ed esecuzione di Luca Trabucchi con la partecipazione di Leonardo De Lisi (tenore).
“Due capolavori per voce e chitarra di Ettore Desderi e Mario Castelnuovo-Tedesco”.
Sinergia di compositori così vicini per età, medesima impronta formativa pizzettiana, visione colta e raffinata del gesto compositivo, amore per la poesia quale sincera ed efficace fonte di ispirazione, interesse verso la chitarra, esauritosi purtroppo presto in Desderi, si vedono accomunati oggi in un doveroso compito di valorizzazione di due loro splendide opere per voce e chitarra, composte a pochissimi anni fra loro: le Due Cacce quattrocentesche del 1955 di Desderi e Vogelweide, Ein Lieder-Cyclus op. 186 del 1958 di Castelnuovo-Tedesco.
Il vuoto di conoscenza di queste opere risulta anche dalla mancanza, fino a prova di smentita, di registrazioni edite in epoca moderna; se per le Cacce di Desderi non ci risulta neppure alcuna testimonianza live, per Vogelweide, a onore del vero, occorre riconoscere l'opera meritoria del chitarrista Giuseppe Maria Ficara e del baritono Ludovic De San che non solo diedero la prima esecuzione pubblica in diretta radiofonica per la RTBF di Bruxelles il 10 ottobre 1981, ma produssero anche un video live nel 2001, ora depositato presso la Washington Library of Congress.
La produzione chitarristica di Ettore Desderi, compositore le cui qualità sono ampiamente riconosciute in campo musicale, non ha nulla a che vedere con quella di Castelnuovo-Tedesco, riducendosi, oltre alle nostre Cacce, al trittico Serenata-Improvviso-Tarantella, pubblicati da Bèrben nel 1955, e alla monumentale Sonata in Mi, riportata recentemente in luce nella sua globalità, ma racchiude una sapienza compositiva strumentale sorprendente, che lo fece assurgere a riferimento imprescindibile del mondo chitarristico. Non dimentichiamo anche che nella seconda metà degli anni '50 del secolo scorso, da direttore del Conservatorio di Bologna dava ospitalità e partecipava lui stesso fervidamente ai Convegni dell'Associazione Chitarristica Italiana.
Le Due Cacce quattrocentesche: Tosto che l'alba appare e Jamo a la caccia, seppur nella loro essenziale brevità, mettono in luce una varietà di atteggiamenti compositivi assolutamente coerenti all'idioma chitarristico, una felice volontà di dialogo tra le due parti, la ricerca di una realizzazione quasi onomatopeica del testo poetico, che stupiscono e sbalordiscono se si pensa anche alla scarna possibilità di raffronto con un repertorio simile su cui Desderi poteva contare. La monumentalità dell'opera di Castelnuovo-Tedesco trova nel ciclo di lieder Vogelweide, dedicato a Dietrich Fischer-Dieskau e Siegfried Behrend, uno spazio in cui il compositore fiorentino si lascia genuinamente influenzare dalla figura del Minnesanger tirolese tardo medievale Walther von der Vogelweide, proprio mentre sedeva in commissione al Concorso “Busoni” di Bolzano, edizione 1958, completando l'ampio ciclo di dieci lieder in meno di un mese. Di fatto ne è uscita un'opera per freschezza, compattezza e omogeneità in cui Castelnuovo-Tedesco dona ai testi letterari, così vari nel loro messaggio poetico, a volte amorosi altre volte sagacemente politici, una veste musicale che non ricerca uno stile musicale 'finto-medioevale' ma si inserisce nella ricca tradizione liederistica in lingua tedesca in cui l'integrazione tra voce e accompagnamento strumentale è assoluta.
Al termine della mattinata i relatori e concertisti si sono riuniti per la fotografia d'insieme compresi tutti i partecipanti a ricordo della giornata, procedendo con il consueto momento conviviale svoltosi nelle stupende sale affrescate; tra varie degustazioni e conversazioni tra gli intervenuti, l'inizio della seconda parte ha visto l'intervento di
Massimo Felici con “Il repertorio di Andrés Segovia a trent'anni dalla sua scomparsa: le nuove generazioni di interpreti e il dibattito sulle fonti”.
Nel trentesimo anniversario della scomparsa del più noto chitarrista del secolo scorso, è possibile fare un punto, pur interlocutorio, sul lungo dibattito sviluppato da storici e studiosi sul tema del confronto tra le fonti edite e quelle manoscritte del repertorio dedicato al grande Maestro spagnolo. Il “conflitto” è ancora in corso e rappresenta, per le nuove generazioni di chitarristi, un problema di non facile soluzione: quasi ogni brano appartenente alla chitarra del Novecento e non solo quello 'segoviano' porta con sé un interrogativo sul rapporto tra il testo originario del compositore e gli interventi di modifica ritenuti necessari o opportuni dall'interprete, dal momento in cui egli ne è stato anche dedicatario, revisore ed editore.
La casistica presenta di volta in volta situazioni profondamente diverse: la vicenda della genesi delle opere di Tansman, Castelnuovo-Tedesco, Turina, Torroba, Ponce, Villa-Lobos, Mompou e di molti altri, fa storia a sé in ogni occasione; l'unica costante è sempre l'arte di Segovia, il suo 'imprinting', l'impegno nel dare impulso alla creazione di un nuovo repertorio su misura per il proprio stile inconfondibile.
In questi trent'anni la ricerca e i mezzi di diffusione sono stati in grado di fornire una grande quantità di nuove informazioni sulle fonti originarie di questo repertorio; l'utilizzo dei testi è, al giorno d'oggi, un tema estremamente delicato per i chitarristi, di scelte intellettuali corrette, di comprensione dei processi storici, di analisi onesta e completa delle dinamiche che portano una composizione ad esserne una stesura ineccepibile.
Cinzia Milani, già invitata in edizioni precedenti, ha esposto “Omaggio a Ida Presti nel Cinquantenario della scomparsa” attraverso un progetto inedito, non solo grande interprete e concertista nel famoso duo con Lagoya, ma anche compositrice e protagonista di musiche scritte per lei, una donna pioniera nel mondo della chitarra alla quale ha desiderato renderne un doveroso ricordo. “Fin da bambina, quando iniziai a studiare chitarra – espone Milani - ho sempre ammirato la figura di Ida Presti, pseudonimo di Yvette Montagnon, ritenendola una pioniera fra i concertisti dell'epoca: in parte per il grande talento ed in parte per essere una donna musicista in un mondo difficile come il nostro.
Ancora oggi le sue esecuzioni sono assolutamente attuali, fonte di grande senso dell'analisi musicale e dell'interpretazione. In relazione al progetto ho realizzato una registrazione su compact disc volendo rendere omaggio ad Ida insieme ad Isabelle Presti, sua nipote, illuminando una parte forse un po' sconosciuta e dimenticata della vita musicale, quella di compositrice e solista. La conoscenza e l'amicizia con Isabelle Presti è stata fondamentale permettendomi di comprendere veramente la sua musica facendomi sentire ancora di più l'impronta unica che ha lasciato. Quando ho iniziato la ricerca tra i vari compositori che hanno scritto per lei, addentrandomi nella storia della sua vita ero molto emozionata e curiosa, ma non mi sarei aspettata di scoprirne pagine inedite e di avere l'occasione e l'onore di poter conoscere le famiglie legate musicalmente ad Ida, intessendo amicizie e collaborazioni con i discendenti degli stessi compositori, anche loro musicisti. Ogni volta che un brano appariva dalla storia e veniva liberato dalla polvere del tempo è stata una fonte di felicità e di nuove scoperte storiche molto importanti per il mondo della chitarra. Ridare suono e vita a queste musiche dimenticate è per me una grande gioia che condivido con le persone che ne hanno reso possibile la realizzazione di questo omaggio e con chi avrà il piacere e la curiosità di ascoltare il cd. Per l'occasione odierna ho suonato la chitarra appartenuta a Ida Presti: Julian Gomez Ramirez del 1936”.
Andrea Dieci, anch'egli presente negli anni scorsi, con “Tra Oriente e Occidente: la musica per chitarra di Toru Takemitsu”, (Tokio, 1930-1996) è stato uno dei grandi geni musicali del Novecento. Considerato il più importante scrittore di musica contemporanea giapponese e tra i più significativi dell'intera area asiatica, Takemitsu si è formato da autodidatta rivolgendosi soprattutto alla musica occidentale, in particolare a Debussy, Messiaen, Cage, al jazz e alla canzone, senza tuttavia mai rinunciare alla propria sensibilità nipponica. Il suo stile, originale e ben riconoscibile pur nei diversi periodi della sua produzione, dall'avanguardia degli anni Sessanta fino ai lavori più tonali degli ultimi anni, è caratterizzato dall'integrazione di elementi occidentali e orientali, tra questi ultimi, il rapporto paritario tra suono e silenzio e il concetto di composizione come flusso sonoro non strutturato.
Autore di musica cameristica, vocale, orchestrale ed elettronica, nonché di quasi cento colonne sonore per registi del calibro di Kurosawa, è regolarmente presente nei cartelloni di musica contemporanea e nel repertorio di famosi solisti e orchestre in tutto il mondo. Musicista estremamente sensibile al timbro e finissimo orchestratore, Takemitsu subì il fascino della chitarra, strumento che impiegò sia in veste solistica che in ambito cameristico e orchestrale a partire dagli anni Sessanta fino agli ultimissimi lavori.
Ganesh Del Vescovo, in “La chitarra e il suono” ha esposto un singolare intervento utilizzando strane e inconsuete sonorità mediante l'uso di chitarre artigianali debitamente modificate nelle corde o nelle meccaniche, scoprendo effetti molto particolari. Artista poliedrico spesso spettacolare, usa i suoi cordofoni non solo nelle forme tradizionali ma in qualità di strumenti percussivi, cercando e ritrovando sonorità ambigue e inconsuete al tempo stesso, destando notevole curiosità e interesse verso delle forme a volte “pirotecniche” per usare un termine un po' azzardato, ma sicuramente di grande effetto sia sonoro che visivo.
“È molto difficile concettualizzare e verbalizzare il proprio rapporto con l'acustica così come riguardo al proprio modo di percepire e di fare l'esperienza della musica - sostiene Del Vescovo -. Il suono cui mi riferisco è sottile, vicino alla mente e al sentimento; un qualcosa di primordiale, che esiste nello spazio fin dall'inizio del tempo, antico eppure vivo anche nel presente in attesa del futuro.
Rappresenta la materia prima del musicista, che spesso sfugge addirittura al senso dell'udito, quindi il mezzo più naturale di afferrare questo suono e di renderlo tangibile è sempre stato per mezzo della chitarra. In pratica, prima ancora di saperla suonare in modo tradizionale, ho cominciato giovanissimo a comporre sullo strumento andando di pari passo con l'accostarmi gradualmente all'apprendimento formale. Nei miei lavori quando uso degli effetti, così come anche le tecniche, espongo solo la parte più 'manuale' e pratica di una ricerca molto singolare fatta sull'uso dell'audio generato, considerando il modo di vivere la musica tramite una ricerca personale che dura per tutta la vita essendoci momenti in cui si entra in una sfera ove anche il chiasso sembra armonia. Questa dimensione appartiene alla persona diventandone parte e che di conseguenza vive tramite quel suono, essendo proprio in questa dimensione che nasce la mia composizione. Nei vari studi e pezzi eseguiti, descrivo una serie di performance particolari che, a mio modo di vedere, estendono alcune delle infinite possibilità chitarristiche: la completezza della sua qualità polifonica, la sorprendente estensione, l'enorme ricchezza di combinazioni ritmiche, timbriche e melodiche. La chitarra è capace di creare tutto questo e anche di più, ma senz'altro non rivela subito tutto il suo carattere, la completezza del suo essere».
Avvicinandosi al termine, assai interessante è stato l'atteso intervento del giornalista ed editore delle riviste specializzate “Suonare” e “Sei Corde”, Filippo Michelangeli, spiegandoci il concetto attuale de “L'informazione musicale in Italia con particolare riguardo a quella chitarristica”.
«I 'fatti' della musica, per intenderci i musicisti, gli strumenti, i concerti, i concorsi, le partiture, i dischi esistono solo nel momento in cui vengono raccontati, altrimenti riguardano solo chi li vive in prima persona.
L'informazione musicale si occupa di questo, darne notizia, commentarli, spiegarli, lodarli, criticarli, compararli con altre attività simili o diverse essendo uno strumento insostituibile di diffusione dell'arte, della cultura, della musica a condizione che sia di qualità e che venga considerata credibile, ovvero che non si limiti a riportare in modo pedissequo, errori, compresi un elenco di concerti o l'orario di apertura di una mostra, avendo il dovere di verificare le realtà di cui si occupa e di renderle fruibili al target a cui si rivolge, appassionati e musicisti. Non dovrà spiegare loro ogni volta la grandezza di Bach o di Mozart, considerando che quella per chitarra è ancora più specifica, ma non si sottrae alle stesse regole. I grandi quotidiani, le televisioni, le radio, se ne occupano di tutto questo? Quali sono gli obiettivi delle riviste specializzate? E, infine, quali sono i nuovi orizzonti e le nuove opportunità che ha creato il web? Possiamo fidarci di quello che leggiamo su Internet? Tante domande a cui ho cercato di fornire una risposta».
Chiusura di interventi affidata al virtuosismo di Goran Listes, con il tema “Composizioni per chitarra dedicate al XXX° Convegno Chitarristico”.
“In occasione di questo importante appuntamento, la mia presenza si delinea quale interprete di sette composizioni dedicate con entusiasmo, accostandomi ad ogni singolo brano mirando a coglierne l'essenza. Si è trattato di un'impresa decisamente stimolante e affascinante anche in virtù della varietà stilistica delle opere offrendomi significativi 'margini creativi' nell'esplorazione delle differenti tecniche compositive e dei linguaggi, espressione delle singole personalità e intenti degli autori. Occorre infatti riflettere sul compito del compositore, stretto fra due possibilità: impiegare la propria creatività percorrendo vie già collaudate nel solco della tradizione, oppure avventurarsi in ambiti sconosciuti e inesplorati. Entrambe le scelte necessitano di profonda consapevolezza nelle conoscenze artistiche e musicali, affinché l'atto creativo felicemente si dispieghi sulle ali della fantasia. L'autore, quale recipiente del magico profumo compositivo, ha il compito di spargerne intorno a sé l'essenza”.
Ottimo lavoro nel segno di uno sforzo condiviso di ricerca e di valorizzazione della “sei corde” nella dimensione dell'indagine documentata, sostenuta da un approccio musicologico ed esecutivo competente e professionale per via dei numerosi confronti tecnici artistici avendo avuto modo di ascoltare nomi appartenenti anche alle nuove generazioni, consentendo scambi culturali e punto della situazione per quanto riguarda concertismo e riferimenti storico bibliografici, attraverso il supporto del Comitato Scientifico, costituito da Giuliano Balestra, Giovanni Indulti, Vincenzo Pocci, Enrico Tagliavini e la stessa Boni, affiancando interventi musicali a relazioni su diversi temi contribuendo al grande pregio artistico e culturale del contesto. Come nelle precedenti edizioni, a corredo e completamento dei contenuti proposti in questa giornata di studi musicali, sono state consegnate al pubblico le cartelline di sala con materiali di approfondimento, organizzando inoltre una mostra documentaria dedicata come di consueto a Romolo Ferrari con l'auspicio che la manifestazione, forse l'unica ad essere in Italia così completa ed esaustiva, possa proseguire negli anni a venire confermandosi ancora una volta tra gli appuntamenti più importanti in assoluti dedicati alla Chitarra Classica ed al suo splendido repertorio.
E.F.