1.4 IL JAZZ
Merita un capitolo a parte la componente che forse più ha segnato il modo di concepire e di vivere la musica di Dyens: il jazz. La dichiarazione che segue offre una chiara visione dell'importanza che ricopre questo genere musicale nella sua formazione:
[…] “Ho ascoltato questa musica dalla più tenera età della mia infanzia” […] “Il Jazz è una musica che mi 'parla' e, soprattutto, il jazz è per me più, molto più, di uno stile: è un'Arte totale, quasi una filosofia, un modo di vivere la vita. Comunque ritengo non sia giusto abbinare l'uso della parola Jazz alla sola 'corrente musicale' ma credo vada estesa a tutta la musica più 'intuitiva' e 'libera'. Per questo, a mio parere, anche la Musica Popolare Brasiliana o il Tango è Jazz. In altre parole: Jazz = Flessibilità, che secondo me è il concetto più importante, la qualità più 'sacra' per un musicista, qualsiasi sia la musica che pratichi.”[…]
Richard Rodgers - My funny Valentine
Nonostante il jazz sia penetrato così a fondo nell'estetica musicale di Dyens, contaminandone sonorità e stile esecutivo, fornendogli nuovi mezzi espressivi e un diverso punto di vista sull'approccio alla musica, ha tuttavia lasciato intatta la concezione, forse più “classica”, dell'opera “finita”, frutto di scelte meditate e nette che vengono poi riproposte fedelmente nell'esecuzione (a differenza dell'indispensabile carattere improvvisativo che ogni performance jazz deve avere).
Mai infatti, almeno ufficialmente, nonostante la sua conoscenza e preparazione in materia, Dyens ha tenuto concerti da “puro” jazzista, né come solista né in formazioni.
Tra i vari tributi offerti a questa realtà musicale, come 'Round Midnight di Thelonyus Monk (1917-1982) o Nuages di Reinhardt, sicuramente si distingue la raccolta Night & Day,
comprendente 10 arrangiamenti di brani tratti dalle correnti swing e bebop affermatesi negli anni '30 e '40 in America, a tutt'oggi pietre miliari nella storia del jazz.
Proprio da questi arrangiamenti per chitarra sola si riesce a capire quanto diverso sia in realtà il “mondo” di Dyens da quello jazz. Sfogliando le pagine di questa antologia non ci si trova di fronte a sigle di accordi abbinati ad una singola linea melodica su un pentagramma, ma a righi musicali saturi di complesse trame polifoniche, ritmi contrastanti, indicazioni di ogni sorta; insomma: ci si trova davanti al “solito” Dyens che ha semplicemente deciso di scegliere soggetti diversi per le sue trascrizioni, e che opera con la stessa minuzia e perizia propria di ogni suo lavoro.
Concludendo, si può dire che negli standard jazz proposti da Dyens si ha a che fare con una sorta di foto che coglie e imprime su carta uno sfuggevole momento “irripetibilmente ripetibile”.
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9. Estratto dall'intervista rilasciatami nel 31/01/2012.
di Marco Corsi