di Flavio Cucchi
(Continua...)
Quando ero giovane, negli anni '50 e '60, il mitico 2000 veniva considerato un futuro lontano, fatto di macchine volanti, esplorazione di pianeti e grandi cambiamenti sociali.
C'era anche una canzoncina di Bruno Martino che diceva: “Nel duemila… ogni cosa cambiera' … andremo sulla luna con il razzo delle tre'… andremo poi su Venere per prendere il caffe'…”
Non è successo proprio questo ma elettronica, Internet, intelligenza artificiale e globalizzazione hanno davvero stravolto la vita così come era stata intesa nei millenni passati della storia dell'umanità e il cambiamento si sta svolgendo, grazie alla innaturale iperconnessione creata dai social, molto più velocemente di quanto siamo in grado di comprendere e gestire.
Nel 2000 avevo 50 anni, la cattedra in conservatorio mi dava una certa stabilità, avevo maturato molte connessioni all'estero e me la passavo abbastanza bene.
Repertorio e scena musicale
Sul fronte delle musiche, a parte il solito Aranjuez, ho tenuto molti concerti con il quintetto Gli Archi di Firenze
e con un originale Trio (chitarra e basso continuo) di cui parlerò più avanti.
La scena musicale in Italia stava cambiando e l'ambiente classico si apriva sempre di più a musiche di altri generi.
Qualcuno ha imputato il declino della chitarra sulla scena cameristica all'offerta di programmi troppo leggeri, ma non credo che sia così: con gli Archi di Firenze proponevo due programmi, uno classico (Boccherini, Paganini ecc.) e uno più leggero, con le 7 Canzoni dei Beatles elaborate da Leo Brouwer e gli American Portraits di Oliviero Lacagnina.
La quasi totalità dei festival o stagioni concertistiche interessate a noi sceglieva il programma leggero.
Era l'ambiente che stava cambiando in quella direzione, privilegiando lo spettacolo al contenuto musicale. Ricordo che un importante direttore artistico mi disse sconsolato che se non metteva insieme alla musica “qualcosa che si muoveva” la gente non era interessata.
Forse era il pubblico che stava cambiando. Chissà.
E' un fatto che la platea di colti intenditori delle storiche associazioni degli Amici della Musica stava invecchiando e non veniva sostituita dalle nuove generazioni che erano cresciute con le televisioni degli anni '80 e '90.
Nello stesso tempo le musiche nuove avevano perso attrattiva, il pubblico non le seguiva, i giovani chitarristi non ne volevano sapere e, soprattutto, come aveva scritto già nel '92 Alessandro Baricco nel suo acuto saggio L'anima di Hegel e le mucche del Wisconsin, non rappresentavano più la modernità.
Non è questa la sede per una riflessione su un tema così complesso, ma di fatto la musica moderna non mi dava più stimoli.
Petrassi e Berio, con cui ho avuto l'avventura di interagire, Stockhousen, Ligeti e altri colossi della musica contemporanea erano morti e l'ambiente era profondamente cambiato.
Così, in attesa di tempi migliori mi sono voltato indietro per sperimentare un repertorio più tradizionale, pur cercando sempre qualcosa di originale.
Geminiani
Un programma particolare è stato l'integrale di The Art of Playing the guitar di Geminiani per chitarra e basso continuo.
Ho suonato questo programma diverse volte in quegli anni con due ottimi musicisti: Filippo Burchietti al violoncello e Gabriele Micheli al clavicembalo.
A ripensarci forse avevamo esagerato: suonavamo tutto il metodo dall'inizio alla fine, incluse le scale armonizzate da eseguirsi prima di ogni Example e per il pubblico era un po' troppo…
Era un programma perfetto per un CD e infatti avevo firmato un contratto con la Brilliant, ma paradossalmente, visto gli impegni di ognuno di noi e la difficoltà di piazzare concerti con un programma del genere, abbiamo lasciato cadere la cosa e non lo abbiamo mai realizzato.
Ho trovato solo un video di questo Trio, purtroppo la qualità è pessima ma forse si può avere un'idea del progetto.
Viaggi
Se penso agli anni 2000 le prime cose che mi vengono in mente sono i viaggi in nuovi paesi lontani come il Giappone e l'Australia (oltre all'America che già frequentavo dagli anni '90)
In Europa ero convinto di aver suonato poco, ma rovistando nei cassetti vedo che in quel decennio ho tenuto concerti in Irlanda, Inghilterra, Slovenia, Germania, Belgio, Israele e Russia oltre che in Italia.
Il decennio per me si era aperto in gloria con il Festival di Singapore 2000, concerti in USA, il Cimarron di Henze al Regio di Torino e al Festival di Montepulciano e la prima esecuzione al Todi Festival delle Ruminations for guitar di Chick Corea, cose di cui ho parlato nelle pagine precedenti,
ma il pezzo forte è avvenuto nel 2003: un Mega Tour (da solo) che prevedeva 15 concerti di cui uno ancora a Singapore, 4 in Giappone e 10 in Australia, tutti in fila!
Prima volta in Giappone
Non ricordo come sia avvenuto il contatto, ma il mio primo invito in Giappone è arrivato da Gendai Guitar, la rivista di chitarra più importante del mondo asiatico
Il direttore di Gendai era Jun Sugawara, una persona gradevole e impenetrabile, come molti giapponesi.
Il primo incontro è andato un po' storto: era successo che sapendo della mia venuta, il chitarrista italiano Ermanno Bottiglieri, che allora viveva in Giappone, mi aveva proposto di tenere un concerto in un suo festival a Kawasaki, una ventina di Km. da Tokyo.
Io avevo accettato, ma l'unica data disponibile era il giorno prima del concerto di Genday.
Non avevo pensato che Sugawara si sarebbe risentito per il fatto che avrei inaugurato i miei concerti in Giappone per un'altra organizzazione.
I giapponesi per loro cultura non sono mai diretti nelle comunicazioni e Sugawara non me lo ha mai detto, ma me l'ha fatto capire non venendo a prendermi all'aeroporto e mantenendo un atteggiamento piuttosto freddo.
Comunque in seguito l'atmosfera è diventata più cordiale, i concerti sono andati bene e ho avuto buone recensioni come potete leggere da voi.
Una impressione personale: la cultura giapponese mi è sembrata la più diversa dalla nostra e la più difficile da interpretare. Ovviamente tutti gli esseri umani intimamente hanno le stesse esigenze e i giapponesi non fanno eccezioni, ma il loro modo di manifestarsi e di relazionarsi, il loro codice di comportamento è così strutturato e regolato che, non conoscendolo, si rischia di fare continuamente
delle gaffe.
Tra concerti e masterclass non ho avuto molto tempo libero,
ma ho avuto modo di conoscere diverse persone interessanti tra cui Shiro Arai,
patron delle chitarre Aria, un uomo di mondo, estroverso, provetto ballerino di sala.
Ricordo un particolare curioso: mi disse di aver cambiato il nome della sua ditta da Arai ad Aria perché gli americani lo pronunciavano meglio.
Australia
Dopo il Giappone sono volato in Australia, dove mi aspettavano 10 concerti di fila che partivano da Melbourne e, seguendo la costa sud est, finivano a Sidney e Canberra.
Per l'occasione l'organizzazione aveva stampato un CD con registrazioni di mia proprietà
Non ho trovato foto di quel viaggio, chissà che fine avranno fatto.
Ricordo la prima impressione di Melbourne: ho pensato di aver sbagliato aereo e di essere atterrato in Inghilterra! Il clima e l'architettura erano prettamente britannici, non a caso è la capitale dello stato di Victoria. Mi sono davvero reso conto di dove ero solo la notte, quando ho osservato il cielo, e con uno strano tipo di emozione tra l'apprensione e l'euforia ho contemplato un universo di stelle mai viste prima, in cui si distingueva la Croce del Sud.
Visto che i concerti erano distribuiti sulla costa ho fatto dei bellissimi viaggi in macchina e ho avuto occasione di vedere paesaggi e animali che vivono solo lì, non solo canguri ma anche animali di cui non conoscevo l'esistenza, come il Wonbat che sembra un pelouche vivente.
Un ricordo vivido è stato la visita a una riserva di aborigeni, con una scuola gestita da bianchi.
Uno di loro mi ha mostrato il luogo e mi ha raccontato cose curiose: gli aborigeni possedevano capacità telepatiche e quando moriva un loro conoscente anche lontano 5000 km. loro, senza telefoni o mezzi di comunicazione, lo “sapevano” con certezza. Inoltre mi hanno mostrato che disegnavano paesaggi da punti di vista impossibili, come se potessero osservare la scena dall'alto e facevano disegni di animali in cui si vedeva chiaramente lo scheletro, come se potessero vedere l'interno del corpo.
L'atmosfera semplice e gioviale che si respirava in Australia mi ricordava i film western e ho mantenuto rapporti cordiali con l'organizzatore, che recentemente mi è venuto a trovare in Italia.
Per concludere: è stata una bella esperienza su molti fronti, ma non ho ricordi interessanti riguardo ad aspetti musicali: da una parte non ho avuto tempo visto che ero sempre in viaggio, e da un altra, forse si sentiva la lontananza dai centri culturali europei o americani.
America
Fin dalla fine degli anni '90 ho frequentato spesso il continente americano. Ho calcolato di averlo visitato tutti gli anni (spesso 2 volte all'anno) suonando in 15 diversi Stati.
Se considero anche i viaggi in Canada, Messico, Centro America, Colombia, Cuba, Antille Barbados ecc. ho attraversato l'oceano almeno 50 volte.
Una buona segreteria in California all'inizio e in seguito amici sparsi un po' dappertutto, mi hanno permesso di tenere Masterclass in molte Università americane e molti concerti in festival cameristici non necessariamente legati alla chitarra.
Malgrado la società americana sia molto diversa dalla nostra, in USA mi trovo bene, e se dopo un mese si permanenza comincio a sentire la mancanza di quella base di cultura umanistica che abbiamo in Italia, per contro apprezzo molto la loro schiettezza, la chiarezza delle regole e la possibilità, per chi ha voglia di fare, di realizzare i propri progetti senza le complicazioni, compromessi, strane manovre o impedimenti che dobbiamo subire qui.
Iside
Due parole sulla mia chitarra preferita. Dalla fine degli anni '90 è nato il mio rapporto con Iside, lo strumento di Andrea Tacchi che sto usando in via quasi esclusiva da 20 anni
Riconoscibile per la sua rosetta in lapislazzuli ha degli acuti davvero bellissimi ed è in continua evoluzione. Ultima modifica: ponticello di osso sui bassi e di carbonio sugli acuti.
Incontri
Uno dei bonus del mestiere di concertista è la possibilità di incontrare persone straordinarie.
Di questo inizio di millennio ne voglio ricordare due.
Jusef Komunyakaa
Premio Pulitzer 1994 per il suo New and selected poems, Jusef Komunyakaa è riconosciuto come uno dei maggiori poeti americani del nostro tempo,
Devo questo incontro alla mia amica Antonella Francini, esperta di letteratura americana con un importante curriculum di pubblicazioni di studi critici, collaborazioni con riviste letterarie e traduttrice di scrittori americani tra cui, appunto, Jusef.
Antonella, conoscendo la sua passione per la musica, ci ha fatto incontrare e da lì è nata l'idea di inserire un mio intervento musicale nell'ambito del Festival della Poesia 2004 di Genova dove Jusef presentava le sue poesie.
Pur essendo stato un corrispondente di guerra in Vietnam, dove ne ha viste di tutti i colori, mi dava l'impressione di persona delicata e schiva.
Mi ha voluto onorare dedicandomi la sua Ode alla Chitarra.
Margherita Hack
Nel 2005 mi è stata assegnata, insieme ad altri, La Rana D'Oro, premio nato a San Sano in Chianti nel 1967 inizialmente dedicato a pittori (premiati Renato Guttuso, Pietro Annigoni, Primo Conti ecc.) e poi esteso anche a personaggi della cultura in generale.
Questo mi ha dato l'opportunità di passare una giornata con la celebre astrofisica Margherita Hack, ora scomparsa, di cui ricordo gli occhi di ragazzina in un corpo di ottantenne.
Nel corso della cerimonia sono stato invitato a suonare qualcosa e poi abbiamo cenato insieme.
Era simpatica, piena di vitalità. Aveva una comunicazione molto diretta, nessuna attenzione su di sé e non esibiva nessuna delle caratteristiche un po' fastidiose che a volte possono avere le persone famose.
Ha mostrato di apprezzare la mia musica, e malgrado la pensassimo molto diversamente sulla natura dell'Uomo, abbiamo avuto una conversazione gradevole che mi è dispiaciuto di non poter approfondire.