di Flavio Cucchi
Approfitto delle ore di attesa che mi aspettano all'aeroporto di Xi'an per riprendere a scrivere.
Sto tornando a casa dopo quasi 2 settimane in Cina,
Lo studio era un enorme stanzone e ai quattro angoli erano allestite postazioni di telecamere.
Mentre trasmettevano un'intervista o numero musicale ecc., nell'angolo opposto preparavano il prossimo numero creando così una macchina efficientissima pur in un'apparente indescrivibile confusione.
Me la sono cavata con una breve intervista e l'esecuzione di un brano.
Malgrado l'ora impossibile della diretta ho scoperto poi che moltissime persone lo avevano visto e mi capitava di essere fermato per la strada.
Alla fine del Tour avevo pensato di offrire al mio autista una cena in qualche buon ristorante.
Il giovanotto mi ha ringraziato ma ha obiettato che i pasti erano offerti dall'organizzazione e ha rilanciato proponendomi di offrirgli una serata al “night”.
Non avevo capito bene dove mi voleva portare ma, desideroso di offrirgli qualcosa ho accettato.
Il ragazzo, di ottimo umore mi porta in una zona periferica della città (mi trovavo a Torreon) e mi fa entrare in uno strano locale.
Era uno stanzone un po' buio pieno da tavolini occupati da soli uomini attorniati da belle ragazze seminude. Dopo un attimo di perplessità ho realizzato che mi stavo trovando in un bordello!
Ma la cosa buffa è che le (ehm) signorine mi avevano visto in TV e mi hanno circondato offrendomi festosamente i loro servigi. Situazione davvero imbarazzante…
Me la sono cavata offrendo da bere a tutti.
John Duarte
Durante uno dei festival organizzati da Corazòn me ne stavo nel giardino dell'albergo e stavo ripassando il repertorio del concerto che avrei tenuto la sera.
Stavo suonando alcuni pezzi di Paganini e a un certo punto sento una voce alle mie spalle che dice con tono sarcastico: “This is not Paganini, this is Tarreganini”!
Mi giro, indeciso se mandare a quel paese lo sconosciuto o farci una risata sopra, ed eccolo lì, Jack Duarte col sorrisetto sornione e la pipa in mano.
dove ho suonato solo, con la bravissima Xuefei Yang, dove ho fatto masterclass, TV ecc.
Prima di tornare agli anni '90 vorrei dire due parole sulla situazione della chitarra in Cina.
Mentre nel mondo occidentale e in Giappone si respira aria di declino, in Cina c'è una esplosione di interesse per la chitarra, acustica in primis, poi, a pari merito, la classica e l'elettrica.
Nel festival di Qinling, che offriva concerti, masterclass, concorsi e altri eventi, hanno partecipato quasi 500 chitarristi (non so se mi spiego) e alla cerimonia di apertura hanno presenziato quasi 2000 persone.
In questo ambito ho potuto fare alcuni incontri molto interessanti.
In particolare vorrei citare il Prof. Zhenming Kwan, di Hong Kong che, avendo vissuto 13 anni in USA, essendo membro del comitato direttivo del GFA e avendo le mani in pasta con moltissime realtà internazionali in Asia, si è rivelato un profondo conoscitore dell'ambiente chitarristico cinese e mondiale.
Ho passato con lui un piacevole pomeriggio a Xi'an dove mi ha fatto visitare la zona storica e mi ha offerto un caffè (molto gradito dopo tutti i pur ottimi tè che mi sono bevuto) discutendo dell'evoluzione del mondo della chitarra.
Il Prof. Kwan condivideva la mia opinione (vedi pag. 14) sull'appiattimento dello stile nell'ultima generazione di chitarristi e riteneva che uno dei motivi di questa deriva tecnicistica fosse il moltiplicarsi dei concorsi, alcuni dei quali richiedono che l'esecuzione sia perfetta, spingendo così lo studente verso una preparazione quasi sportiva dell'esecuzione mettendo in secondo piano il fattore artistico
.
Anche lui osservava che tutti i “concorsisti” (a quando un grande slam e la pubblicazione delle teste di serie?) avevano la tendenza a suonare nello stesso modo, con lo stesso suono e senza mai rischiare nulla, rendendo così noiosa e prevedibile la pur perfetta e brillante esecuzione.
Insomma, le cose che vado dicendo da anni.
Ultimo commento: sappiamo tutti che i cinesi mediamente hanno una tecnica molto brillante.
Alla mia masterclass hanno partecipato dei ragazzini dodicenni fortissimi, con un suono deciso, preciso e omogeneo in tutte le posizioni, anche in 13a!
Volete sapere come fanno? Vi svelo il mistero esoterico: studiano 5 ore al giorno TUTTI I GIORNI.
Il punto debole è che se studiano così tanto col metronomo, alla fine non riescono a modificare le loro esecuzioni. Cercavo invano di suggerire a un brillantissimo allievo qualche sfumatura agogica o dinamica per rendere espressiva e comunicativa una frase ma quello mi guardava smarrito e continuava a ripetere la frase sempre uguale!
Naturalmente ci sono anche quelli dotati di naturale talento artistico che sanno essere duttili e capiscono il messaggio, ma in genere, se uno ripete una frase con il metronomo un miliardo di volte non sviluppa la forma mentis che gli permette quella immediatezza ed elasticità che rende una esecuzione interessante.
Rete Mia
Tornando agli anni '90 vorrei ricordare una serie di trasmissioni TV che ho creato in quel periodo. I chitarristi della mia età le hanno viste (ogni tanto qualcuno me ne parla).
Erano gli anni delle TV private, e Rete Mia era riuscita a mettere insieme un network che copriva tutta l'Italia.
Franco Boldrini, ex bassista dei Califfi (gruppo famoso negli anni '60) era diventato regista televisivo e mi aveva ingaggiato, dandomi carta bianca, per creare una serie intitolata “L'Arte della chitarra”.
Lo scopo era diffondere il repertorio della chitarra classica.
Facevo tutto da solo: preparavo i testi, presentavo vari pezzi del repertorio e li eseguivo.
A volte invitavo altri chitarristi per presentare dei duetti
Ho mandato in onda parecchie puntate, finché la rete è entrata in una serie di guai finanziari e ha dovuto chiudere.
Certamente oggi le farei meglio, ma dati i tempi, tutto sommato quelle trasmissioni hanno fatto il loro dovere dando qualche visibilità al nostro strumento.
In effetti non è più successo che una TV a diffusione nazionale abbia dedicato un appuntamento settimanale alla chitarra classica.
Io non possiedo copie delle trasmissioni, a parte quei frammenti che ho linkato e poco più ma so che qualcuno le ha registrate tutte: se vuole, per quanto mi riguarda le può anche mettere su YT.
Mexico!
Grazie a una serie di circostanze favorevoli, negli anni '90 ho tenuto molti concerti in Messico.
Una amicizia importante che mi ha aperto le porte è stata quella con Corazòn Otero
chitarrista e scrittrice che organizzava il Festival Manuel Ponce a Città del Messico in bellissimi teatri come Bellas Artes
o alla sala Netzahualcoyotl.
Il festival includeva anche un concorso.
Qui con Alirio Diaz e il vincitore del concorso M. Ponce
In concomitanza con il festival un efficiente Istituto di Cultura Italiano mi organizzava dei bei giri,
bene organizzati, quasi ogni anno (anche due volte all'anno).
Qui in TV (Televisa) con l'allora direttore dell'Istituto di Cultura
Oltre ai concerti tenevo anche master in varie università e me la spassavo davvero perché i messicani mi stavano simpatici, mi piaceva la loro vitalità, la tequilita con sale e limone dopo il concerto e, lettore di Carlos Castaneda, amavo la loro cultura misteriosa e magica.
Tutte le volte che mi trovavo nella capitale andavo a Teotihuacan a visitare la piramide del sole e della luna.
Piccola curiosità personale: è lì che, arrampicandomi sui ripidissimi scalini, mi sono reso conto con sollievo di non soffrire più le vertigini, paura che mi avevano tormentato tutta la vita.
Ricordo un episodio divertente: durante uno di questi giri sono stato invitato a partecipare ad una trasmissione televisiva chiamata “En vivo” e condotta da Ricardo Rocha, un Maurizio Costanzo messicano. Questa trasmissione, seguitissima, durava tutta la notte, era dal vivo e il mio intervento era programmato alle 4!
Ho optato per la risata e da quel momento siamo diventati amici. E' venuto al mio concerto, mi ha invitato a Londra a suonare in una serie che dirigeva e non ha più criticato le mie interpretazioni.
Ci siamo scritti parecchie lettere (internet non era ancora diffuso) e ci siamo rivisti diverse volte anche in Italia.
Era un tipo particolare, molto competente e produttivo, ma aveva un umorismo un po' brutale, al limite dell'offensivo, cosa che non l'ha aiutato nelle relazioni umane.
Ma era anche divertente, bastava non prenderlo sul serio.
Una volta, quando l'ho complimentato per i suoi numerosi viaggi oltreoceano (alla sua età piuttosto avanzata) ha ribattuto gelido “Perché? Non ci vado mica a nuoto”!
In quegli anni non ho mai suonato la sua musica, che non era nelle mie corde: ho messo in programma la sua English Suite solo recentemente dopo averla inclusa nel mio ultimo CD.
(Continua...)