Maria Mari'
di Alessandro Altieri
DUE PAROLE SULLA TRASCRIZIONE
La tonalità scelta per questo arrangiamento è quella di RE, una delle più “classiche” per il nostro strumento, con la sesta corda abbassata di un tono. L’arrangiamento si ispira ad una scarna ma efficace versione facile di Abner Rossi, che ebbi modo di leggere vari anni fa e che mi è tornata in mente al pari della bellissima esecuzione del gruppo di cui vi ho detto poco sopra.
Definirei “media” la difficoltà di esecuzione, tranne qualche passaggio di non semplicissima esecuzione per il quale vi consiglio di prestare attenzione ed, eventualmente, di eseguire molto lentamente all’inizio dello studio.
La trascrizione si apre con l’introduzione che, anche se giocata su poche note, riesce a spaziare lungo tutta la tastiera, fino al XIII° tasto del Fa superiore.
Subito dopo il “tenore” che canta la melodia viene accompagnato da una linea di basso che arpeggia sugli accordi fondamentali (Remin, Solmin e La7) con delle leggere variazioni fra la prima e la seconda strofa.
Arapete fenesta, famme affaccià a Maria
ca stongo mmiez’a via speruto d’a vede’…
L’ultimo accordo della seconda strofa ci porta al modo maggiore ed invita il “soprano” a rispondere alla parte minore intonando il ritornello della canzone. Quindi si sale di una ottava per dare maggiore aria e spazialità alla linea melodica
Oje Marì, oje Marì,
quanta suonno ca perdo pe’ tte…
la quale, con accompagnamento in sedicesimi, con alcune variazioni di ottava nell’esposizione melodica e con qualche arpeggio di “disimpegno” – se mi passate il termine – scorre fluidamente (bè, almeno mi auguro!! ☺ ) fino alla fine del ritornello
… famme addurmi,
oje Marì, oje Marì.
La seconda parte si apre con l’introduzione esposta una ottava sotto ed il canto della strofa (una sola in questa seconda parte) affidato al “basso”. Un po’ di attenzione è richiesta per l’esecuzione corretta di questa parte dato che è necessario, qui più che altrove, pronunciare scanditamente la melodia e distinguerla dall’arpeggio di accompagnamento per evitare che si impasti tutto, anche per colpa delle troppe frequenze basse chiamate in causa.
Un arpeggio sull’accordo di Re+ alla fine della strofa e siamo nel secondo ritornello, questa volta cantato dagli immancabili mandolini, in memoria della versione di cui vi ho detto sopra ed anche perché non potevano proprio mancare, a mio modo di vedere, in un arrangiamento di questa canzone.
Il finale, come da copione, ripete la parte introduttiva e chiude su un Re minore “strappato” in X° posizione.
La canzone ha un lieto fine, contrariamente a tante altre che chiudono tragicamente, come forse era gusto imperante dell’epoca e la trascrizione cerca di rispettarne lo spirito. La fenestella si apre,
… Maria c’a manella
nu segno a me me fa …
la ragazza finalmente corrisponde all’amore del giovane, che implora la chitarra affinché gli fornisca la migliore ispirazione possibile per dedicare alla sua bella una “scicca” serenata.
Il presente lavoro vuole essere omaggio a quel gruppo di artisti – e, con essi, alle centinaia o migliaia che prestano la loro sempre più bistrattata opera nel nostro Paese, purtroppo sempre più distratto - che non ho più avuto modo di ascoltare, che a quest’ora chissà dove saranno se ancora esistono, che probabilmente non erano musicisti eccezionali ma che hanno saputo restare nel cuore di tutti noi per le belle emozioni che ci hanno trasmesso (anche con la loro magica versione di questa canzone) durante una serata che sembrava “qualsiasi” di una estate di troppi anni fa.
Un e-bbraccio a tutti voi ed il mio grazie per avermi sopportato anche stavolta.
Alessandro Altieri
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