Nato ad Amburgo, Carl Grabau fu una persona molto influente, giunse a Livorno alla fine del Settecento e lì fece la propria fortuna, divenendo console di Hannover a Livorno e poi anche rinomato banchiere, inoltre, acquisì in città anche un titolo nobiliare22.
Grabau, a quanto pare, fu un appassionato anche di chitarra (lo confermano le segnalazioni di altre partiture per chitarra appartenute alla sua collezione contrassegnate con la stessa sigla). Il manoscritto citato dimostrerebbe, quindi, l'esistenza di suoi possibili contatti personali avuti con Carulli; forse, proprio al magnate di origini amburghesi si deve l'intercessione per la pubblicazione all'estero nei primi anni dell'Ottocento di alcune prime opere del chitarrista, andate alle stampe, infatti, presso il celebre editore Jean Auguste Böhme, la cui sede era proprio ad Amburgo.
Anche nel caso dei Tre Gran Trio per flauto, violino e chitarra Op. 9[d],
pubblicati intorno al 1806 per le edizioni Gombart ad Augusta in Germania, può darsi che dietro ci sia stata l'occasione per rinsaldare conoscenze nate tra Napoli e Livorno. Il lavoro è dedicato, infatti, al Barone Hermann de Schubart (1756-1832), danese di nascita e ambasciatore della Danimarca presso il Regno di Napoli, anche lui un appassionato di musica, che risiedeva nei primi anni dell'Ottocento a Livorno in una splendida villa, “La Vedetta”23.
Un bellissimo quadro ritrae per l'appunto il Barone de Schubart con sua moglie, Jaqueline Elisa (1767-1814), gentildonna appassionata di musica e arti, entrambi seduti dietro un pianoforte al cospetto di un'incantevole vista sul mare su una terrazza della rinomata villa. La baronessa aveva trasformato la sua dimora nel salotto buono della cultura di Livorno e a frequentarlo vi erano tanti ospiti illustri, tra cui il celebre scultore danese Bertel Thorvaldsen
(anche lui un collezionista di partiture di chitarra di cui ci resta un fondo di musiche per lo strumento, oggi conservato nel Museo Thorvaldsen di Copenaghen). Certamente in casa de Schubart non sarà mancato anche lo stesso Carulli ed è possibile che alcuni suoi lavori presenti nella collezione di Thorvaldsen testimonino i contatti diretti avuti tra il compositore e il celebre scultore proprio a Livorno.
Anche l'instaurarsi del rapporto affettivo tra Carulli e la moglie potrebbe ricondursi alla città di Livorno ed ai suoi fervidi ambienti. Ci sono ragionevoli indizi, infatti, che Carulli abbia conosciuto Marie-Joséphine Boyer proprio a Livorno e lì sia convolato a nozze con lei. Marie-Joséphine, infatti, potrebbe far parte della famiglia Boyer segnalata a Livorno in quell'epoca, come testimoniato da una bella villa di campagna appartenuta proprio ai Boyer a Parrana San Martino, sulle colline livornesi, villa nella quale dimorò successivamente la poetessa Angelica Palli.
Di tale famiglia Boyer potrebbe aver fatto parte anche Christine Boyer, prima moglie di Luciano Bonaparte, fratello di Napoleone, morta nel 1800 a soli 29 anni; il suo busto in marmo e quello del marito, Luciano, sono oggi, infatti, conservati nel Museo Fattori di Livorno, mentre due copie coeve in alabastro sono presenti nel Museo della Villa Milvelli nella stessa città. Ciò testimonierebbe che i due abbiano anch'essi soggiornato per qualche tempo prima del 1800 in città.
Quindi è possibile che Ferdinando Carulli abbia conosciuto la sua futura moglie, Marie-Joséphine, proprio frequentando i salotti bene del fervido ambiente internazionale della Livorno del tempo, convolando poi a nozze con lei prima del 1801, data della nascita del figlio Gustavo. Gli ambienti francesi che gravitavano intorno alla famiglia Carulli-Boyer sono anche confermati da quanto riportato nello stesso atto di battesimo di Gustavo: ad assistere la nascita fu, infatti, un chirurgo francese, mentre il padrino del neonato fu lo stesso Giuseppe Boyer, padre di Marie-Joséphine24.
Va, inoltre, ricordato che all'inizio dell'Ottocento anche il giovane Paganini frequentò Livorno, risiedendovi - come egli stesso narra - per parecchio tempo e tenendo lì anche qualche concerto25. A quell'epoca il violinista, non ancora all'apice della sua gloria, già coltivava la sua passione per la chitarra, confermata dalla cospicua produzione del corpus di Sonate di Lucca scritte per il duo violino e chitarra negli anni subito successivi trascorsi a Lucca26. Risulta difficile, quindi, non supporre che tra lui e Carulli, maestro già affermato di questo strumento, non ci possano essere stati contatti. La conoscenza tra i due è comunque confermata dalla lettera che Paganini anni dopo inviò al chitarrista durante una sua tournée nella capitale francese27. È plausibile, quindi, che la loro era un'amicizia di vecchia data, risalente forse proprio all'epoca toscana.
Questo, quindi, era il clima e l'ambiente livornese con i suoi salotti bene, nei quali Carulli si era certamente saputo guadagnare un importante ruolo come artista rinomato. Tale stima aveva, poi, di sicuro travalicato l'esclusivo circuito cittadino, per espandersi anche in altri centri fuori Livorno.
Infatti, ad ambienti esterni a Livorno, sempre però legati particolarmente alla Francia, si può ricondurre la dedica apposta alla Sinfonia in Re maggiore per chitarra sola pubblicata da Carulli a Milano per Monzino28. Il lavoro è dedicato al Conte Ferdinando Ceccopieri29,
Capitano e Aiutante di Campo del generale francese Julhien, uno degli ufficiali di spicco che guidavano l'esercito francese durante le due Campagne Italiane napoleoniche. In questo caso il dedicatario esula i confini livornesi, in quanto il Conte era nativo di Massa (il ducato di Massa a quell'epoca era anch'esso sotto il dominio francese).
Ceccopieri aveva ricevuto il suo prestigioso incarico militare nel 1802 per meriti acquisiti sul campo, incarico che mantenne fino al 1808. La pubblicazione del lavoro presso Monzino risale all'incirca al 1807, ma non si esclude che possa essere stato scritto da Carulli in precedenza, come testimoniano numerose versioni manoscritte del brano, forse preesistenti alla data della sua pubblicazione a stampa, oggi conservate in vari fondi.
Anche il preciso riferimento nella dedica alla carica militare ricoperta dal Ceccopieri (Capitano e Aiutante di Campo del generale Julhien), carica che questi tenne, come detto, a partire dal 1802, non farebbe, poi, escludere l'ipotesi di una genesi del lavoro precedente al 1807.
Tramite le dediche apposte sui brani pubblicati da Carulli in quell'epoca, si può anche fare un'ipotesi più puntuale per definire meglio l'esatta durata del soggiorno livornese del compositore. Infatti, nella prima edizione della Sonata Sentimentale (Napoleone il grande) [Op. 33], scritta dal compositore per celebrare le gloriose gesta del celebre condottiero in Italia e pubblicata sempre per Monzino a Milano intorno al 1807, è riportata sul frontespizio la dedica a Matteo Lesseps, console generale di Francia in Etruria e console di Lucca e Piombino a Livorno30.
Questa carica fu conferita a Lesseps nel 1806 e la ricoprì fino al 1808. Se ne ricava, quindi, che plausibilmente Carulli almeno fino al 1806-1807 doveva ancora risiedere a Livorno e che il suo abbandono della città sarebbe dunque avvenuto a partire da quella data.
Il tenore di queste due ultime dediche, entrambe relative agli anni 1806-1807 ed entrambe legate a personaggi dell'entourage napoleonico, il Conte Ceccopieri, figura strettamente vicina al Generale Julhien, e Matteo Lesseps, destinatario di importanti incarichi politici con i francesi, suggeriscono, poi, come Carulli nel periodo finale della sua permanenza in Italia si sia particolarmente industriato a tessere dei buoni rapporti con personaggi francesi particolarmente influenti, per tentare di avere forse da loro una buona mano per l'imminente trasferimento a Parigi.
Altri segnali rendono ancor più plausibile che proprio intorno al 1806/1807 Carulli abbia potuto lasciare definitivamente Livorno. Va ricordato, infatti, che ciò poté dipendere anche dalle conseguenze che in quegli anni il blocco navale continentale contro gli Inglesi imposto da Napoleone determinò in città, portando ad un cospicuo spopolamento e impoverimento della popolazione livornese, con una diaspora di suoi cittadini trasferitisi in altri centri31.
Infatti, è proprio tra il 1807 e il 1808 che si hanno segnali di frequenti e più assidui contatti avuti dal compositore fuori Livorno. Alcune fonti fanno ipotizzare la presenza di Carulli a Firenze nel 1808, come testimoniato dalla data appunto del 1808 apposta sui manoscritti di due sue ariette per canto e chitarra Chi un dolce amor condanna e Deh torna in questo seno, appartenute a Augusto Kestner32.
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NOTE
22 In: Dizionario Biografico, www.treccani.it
23 In: La Vedetta” di Montenero. Una segnalazione all'Unesco; www.costaovest.info
24 Mario Torta, Op. cit.
25 Danilo Prefumo, Niccolò Paganini, L'Epos, Palermo 2006
26 Renzo Cresti, Lucca, Paganini e la chitarra, Rivista “Il Rigo musicale” n. 49, La Spezia, 2012
27 Lettera di Paganini a Ferdinando Carulli a Parigi del 10 aprile 1831, in: Arturo Codignola, Paganini intimo, Genova, Municipio di Genova, 1935. Il testo della lettera così riporta: “Carissimo Sig. Carulli, se non mi è dato di fornirlo del biglietto che mi chiede, per delle condizioni fatte coll'impresa del Teatro Italiano, avrò il piacere di aderire ai suoi desideri per il concerto che darò alla Grand'Opera. Mille complimenti anche all'egregio suo figlio Maestro da mia parte”. Nei saluti finali, non è escluso che Paganini volesse ringraziare Gustavo, il figlio di Carulli, per l'accompagnamento pianistico che questi aveva realizzato delle sue Tre Arie Variate pubblicate nel 1828 da Ricordi a Milano; in: Marco Bertazzi, Op. cit.
28 Il titolo completo del brano riportato su un manoscritto conservato a Colombaro nella biblioteca privata Luigi Barcella è: “Sinfonia Brillante e facile per chitarra a solo, composta e dedicata al dilettante / Sig.re Ferdinando Ceccopieri Capitano, Ajutante di Campo del Generale Julhien / Dal Professore Ferdinando Carulli”; da una scheda riportata in: www.braidense.it
29 Piero Ceccopieri Maruffi, Un illustre soldato massese / il conte Ferdinando Ceccopieri, Massa, Palazzo di S. Elisabetta, 1982
30 Notizie biografiche su Matteo Lesseps in: Dizionario biografico universale contenente le notizie più ... , (traduttore e compilatore, Felice Scifoni), Volume Terzo, Davide Passigli Tipografo-Editore, Firenze, 1845
31 Luigi Zangheri, Firenze e la Toscana nel periodo napoleonico. Progetti e realizzazioni. In: Villes et territoire pendant la période napoléonienne (France et Italie). Actes du colloque de Rome (3-5 mai 1984), Rome: École Française de Rome, 1987. pp. 315- 325. (Publications de l'École française de Rome, 96); https://www.persee.fr/doc/efr_0000-0000_1987_act_96_1_2931
32 Arietta | Con Accomp:o di Chitarra, e Basso | Del Sig:r Ferdinando Carulli - “Chi un dolce amor condanna” in La maggiore; Arietta | Con Accomp:o di Chitarra | Composta | Del Sig:r Ferdinando Carulli - “Deh torna in questo seno” in Sol maggiore; entrambe recano in basso a destra la dicitura: “Augusto Kestner / Firenze 1808”; in: www.rism.info
Frontespizio dei Tre Gran Trio per Flauto, Violino e Chitarra Op. [9a] (Augusta, Gombart, 1806)
Il Barone Hermann de Schubart e la moglie Jaqueline Elisa de Schubart accanto al pianoforte nella loro villa “La Vedetta” a Livorno (primi dell'Ottocento)
Lo scultore danese Bertel Thorvaldsen ritratto dal pittore Rudolph Suhrlandt a Roma (1810)
Il Conte Ferdinando Ceccopieri, Capitano e Aiutante di Campo del generale francese Julhien
Augusto Kestner