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Ferdinando Carulli
Gli Amori di Adone e Venere
Sonata Sentimentale per Chitarra o Lira Op. 42

LA TEORIA DEGLI AFFETTI E LA PRASSI ESECUTIVA AL TEMPO DI CARULLI




Carulli nel brano indica in modo scrupoloso i segni di dinamica, agogica ed espressivi e ciò non era una prassi molto comune al suo tempo.

In questo lavoro, questo sua precisione maniacale può trovare una giustificazione nel voler vincolare l’interprete a quella che era la sua interpretazione e la sua idea compositiva, legata palesemente a quella che veniva definita “teoria degli affetti3”.


Su tale teoria, basata sulle figure retoriche musicali4, si fonda tutta l’estetica musicale del XVIII secolo fino ai primi decenni del XIX.



Sarà utile fare una piccola divagazione su tale teoria, essendone il nostro brano un esempio lampante, infatti, esso descrive gli stati d’animo, i sentimenti e le passioni presenti nella storia di Adone e Venere posta all’inizio del brano stesso.

Per comprendere meglio la teoria degli affetti, bisogna andare indietro nel tempo, nel ‘600, e vedere quali erano le idee imperanti sulla musica in Europa.


In un saggio analitico su J. S. Bach così scrive Intilisano5:


“[n.d.r. sulla musica] si avevano due concezioni […] La prima trovando la sua base nella filosofia pitagorica considera la musica come un’arte matematica; la seconda è una concezione più sensuale in base alla quale la musica dovrebbe “affectus esprimere, affectus movere, affectus concitare” ed affonda le sue radici nella dottrina degli “affectus” di Aristotele. […] Il Werckmeister cercò di spiegare infatti su basi teologiche e fisiche il diverso effetto esercitato dai differenti modi. Da questo tentativo nacque poi tutto un codice di affetti del quale il compositore doveva tener conto, se voleva suscitare negli ascoltatori determinati stati d’animo.


Affetti giocosi: venivano rappresentati musicalmente con tonalità maggiore, misure temporali veloci, intervalli consonanti e grande posizione acuta della voce (soprano/tenore).


Affetti molesti (affetti dell’afflizione e del dolore): venivano rappresentati con tonalità minori, tempi lenti, intervalli dissonanti e stretti (cromatismi), voci del registro medio e grave (contralto/basso). Accanto a queste due categorie abbiamo anche gli affetti misti, in cui parecchie sensazioni tra loro contrapposte si riuniscono insieme per un nuovo affetto totale. Il sentimento dell’ira e della vendetta sono un chiaro esempio degli affetti misti, in quanto la causa dell’ira dispone alla tristezza, mentre la previsione di una vendetta riuscita porta ad una gioia [n.d.r. vedi La gelosia di Marte in Carulli]”.


Per passare al ‘700, ecco il quadro che fa il Fubini6 su questa stessa teoria:

Tutti parlano di imitazione della natura come principio sovrano cui devono attenersi tutte le arti belle, pena l’insignificanza e il fallimento.” Questo risultava abbastanza chiaro per le arti come la pittura e la poesia, ma “l’accusa che più frequentemente si rivolgeva alla musica si riferiva appunto alla sua insignificanza e quindi alla sua incapacità di imitare alcunché.”


Ma l’abate  Du Bos7, asseriva che “il piacere prodotto dalle arti deriva dal fatto che esse imitano quegli oggetti capaci di produrre in noi delle passioni”, inoltre afferma che “la musica ha un suo campo particolare d’imitazione, cioè quello dei sentimenti: “Come il Pittore imita i tratti e i colori della natura, così il Musicista imita i toni, gli accenti i sospiri, le inflessioni della voce e infine tutti quei suoni con l’aiuto dei quali la natura stessa esprime i suoi sentimenti e le passioni […] Inoltre diversamente dalla poesia che imita le passioni servendosi delle parole, segni arbitrari istituiti dagli uomini, la musica è dotata “di una forza meravigliosa per commuoverci”, perché i suoni sono “i segni stessi della passione istituiti dalla natura da cui essi hanno ricevuto la loro forza”.


E ancora il Pestelli8:

Fine supremo della musica era infatti quello di rendere percettibili le passioni: a questo titolo essa entrava nel novero delle arti imitative e in quanto tale era comprensibile; pittura e scultura si  rifanno a oggetti e figure, la musica si rifà alle passioni, ma le tracce delle passioni sono impresse nel linguaggio […].


La melodia, come la più adatta al compito, sarà pertanto la parte dominante della musica: imitando le inflessioni della voce, essa  “esprime i pianti, i gridi di dolore di gioia, le minacce, i gemiti; tutti i segni vocali delle passioni sono di sua competenza” (Rousseau, Essai sur l’origine des langage, 1807)9; se rendere visibili gli effetti delle passioni era stato compito dell’artista della figura, al musicista toccava renderli udibili con melodie che contengano l’immagine delle passioni; per G. A. Villoteau (Recherches sur l’analogie de la musique avec les arts qui ont pour objet l’imitation du langage, 1807) solo la musica espressiva è bella, ma non c’è musica espressiva che non sia imitativa, e non c’è musica imitativa che non sia declamatoria […]”


Volendo andare direttamente ad una fonte settecentesca sull’argomento non possiamo ignorare i numerosi Versuch (metodi), che intorno alla metà del Settecento furono dati alle stampe in Europa, nei quali, oltre le indicazioni sulla tecnica degli strumenti trattati, si trovano numerose e preziose indicazioni sull’estetica e sul gusto musicale del tempo. Tra questi Metodi, i più famosi sono quelli di Carl Philipp Emanuel Bach10(per clavicembalo),  Lepold Mozart11 (per violino) e di Johan Joachim Quantz12 (per flauto).


Le notizie riportate di seguito sono tratte dal Metodo di Quantz. Si è scelto quest’ultimo  perché era di sicuro il più conosciuto e diffuso in Europa, nel periodo che stiamo trattando, infatti, esso fu trascritto in quasi tutte le lingue (tedesco, francese, olandese, inglese, italiano). Definire quest’opera solamente un “Metodo per flauto” è veramente riduttivo, visto che raccoglie la “summa delle conoscenze pratiche fino ad allora in voga nella prassi musicale13.



__________

3. “Per Atanasio Kircher sono otto gli affetti che la musica può esprimere: amore, pianto, gioia, dolore, pietà, timore, audacia e ammirazione. Questi affetti prendono forma nella Dispositio retorica secondo tre paradigmi: altezza, è il luogo dell’analogia tra i ritmi musicali ed i ritmi psicofisiologici; dinamica, è il luogo dell’analogia tra dinamica e variazione del volume del suono nel parlato; timbro, è il luogo dell’analogia tra gli strumenti e le cose e gli animali presenti in natura”. G. Terranova, in “Sulla letteratura Bachiana – questioni analitiche e problemi interpretativi” di M. Musumeci, Latessa, Catania 1996   pp. 8 - 9.


4. Breve exursus storico: Nel 1416 venne riscoperta l'opera Institutio oratoria di Quintilliano; gli studiosi rinascimentali indagarono le relazioni tra retorica e strutture musicali; il compositore, a somiglianza dell'oratore, potrà suscitare in colui che ascolta la musica, particolari stati emotivi: gioia, tristezza, amore. In trattati come Musica poetica di Listenius (1537) e Musica poetica di J. Burmeister (1606), come già nel Praecepta musicae poeticae di Gallus Drlessler (1563), si incontra una suddivisione della composizione musicale in Exordium, Medium, Finis secondo lo schema di un'orazione. Comporre musica dipendeva, quindi in modo assai vincolante, dalle relazioni intercorrenti fra parole e suoni; la disciplina sonora divenne, così, perfetta Expressio Verborum.

I maggiori autori di questo periodo lavoravano tenendo sempre presenti le possibili reazioni dell'uditore; tutti gli elementi della musica (ritmo, struttura armonica ed intervallare) erano utilizzabili a tal fine, dal momento che a determinati comportamenti intervallari  e ritmici, il cui profilo presentasse caratteristiche analoghe a quello di riconoscibili strutture prosodiche verbali, potevano essere associati i nomi delle figure retoriche letterarie e, in linea di principio, anche le stesse valenze emotive delle quali esse erano portatrici.  I sentimenti potevano essere rappresentati dalla musica, in quanto forte era la loro stereotipizzazione, trattati cioè come 'affetti' prefissati (corrispondenti alle principali passioni dell'animo). Nel Rinascimento venivano prediletti gli affetti di lineare semplicità, mentre in epoca barocca gli  affetti più esagerati. Per tutto il secolo XVIII i concetti retorici influenzarono la musica e i musicisti; in Bach tale disciplina trovò la più perfetta applicazione. Già dalla fine del '700 gli stati d'animo espressi nella musica con immagini ben determinate corrispondenti a concetti retorici avevano a poco a poco perso tale connotazione di razionalità e venivano identificati come stati soggettivi. […] Individuando le figure retorico-musicali e gli 'affetti' ed 'effetti' di cui esse sono portatrici, l'esecutore ne sottolineerà il senso tramite variazioni dinamiche, agogiche e di fraseggio. Le proporzioni di tale enfatizzazione saranno determinate dalle convenzioni succitate e dalle caratteristiche meccaniche ed acustiche degli strumenti del tempo. Quelle che Forkel chiamava figure del sentimento interiore ('Figuren innerer Empfindung'), corrispondono a quegli 'accenti' che fanno 'effetto assai sull'animo' e che non si differenziano da certi madrigalimi descrittivistici. Forkel propone tre tipi di figure retorico-musicale: imitative, espressive e simboliche. In particolare per le figure retoriche espressive l'interpretazione esige l'identificazione nel significante musicale, di quell'elemento riferito ad un determinato paradigma sonoro (altezza, intensità, durata) che ricopre valore espressivo e l'adeguamento analogico al significato. Risiedendo tali analogie principalmente nell'agogica, nella dinamica e nell'intonazione, si tratterà di enfatizzare tramite variazioni dinamiche e agogiche quel tratto pertinente analogo nel codice musicale al codice verbale o al dinamismo psicofisiologico. […] La figura retorico-musicale assume così, come la figura retorica nel linguaggio verbale, il carattere di schema generativo di nuove forme del linguaggio nonché schema di inaspettatezza: non a caso l'estetica barocca sottolinea tra i suoi fini la 'meraviglia'. La figura retorico-musicale trova, abbiamo visto, il suo valore semantico e conoscitivo nella individuazione di analogie tra codici diversi in linguaggi diversi. A questo proposito è emblematico il lavoro dei promotori della 'seconda pratica', che altro non è che il frutto della ricerca di analogie tra i codici verbali ('l'oratione') e i codici musicali ('l'harmonia'). La figura retorico-musicale trova altresì il suo grado di inaspettatezza nella maggiore o minore specifica appartenenza e integrazione dei tratti semantici nei codici rispettivamente musicali e retorici, sintetizzati nella figura stessa. Nel primo barocco il 'non star sogetti a battuta', frutto della sovrapposizione del codice retorico-verbale e quelli musicali, creava 'grande diletto' e 'muoveva gli animi' come cosa nuova e inaspettata proprio perché l'uditore riconosceva l'oratore nel musicista, due campi fino ad allora ben distinti. […]. Fonte Web: http://blogs.myspace.com/index.cfm?fuseaction=blog.view&friendId=385812362&blogId=426183725#


5. P. Intilisano, in “Sulla letteratura Bachiana – questioni analitiche e problemi interpretativi” di Mario Musumeci, Latessa, Catania 1996 p. 5


6. E.Fubini, L’estetica musicale dal settecento ad oggi, P BE XI ediz., Torino pp. 25 – 27.


7. Réflexions critiques sur la peinture et la poésie (1719).


8. Giorgio Pestelli, L’età di Mozart e di Beethoven, E.D.T. Torino 1991,  pag 67.


9. Si può notare come questo concetto attraversa tutto il secolo (Du bos 1719 – Villoteau 1807).


10. Bach, Carl Philipp Emanuel (Weimar 1714 - Amburgo 1788), compositore tedesco. Secondo figlio di J. S. Bach, compì il proprio apprendistato presso il padre. Studiò filosofia e giurisprudenza alle università di Lipsia e Francoforte sull'Oder prima di intraprendere la carriera di musicista. Tra il 1740 e il 1768 fu clavicembalista di Federico II il Grande, re di Prussia, diventando in seguito direttore di musica delle cinque chiese principali di Amburgo. C. P. E. Bach fu uno dei principali esponenti dell'empfindsamer Stil (in italiano 'stile espressivo'), contraddistinto da frequenti contrasti di emozioni e particolari caratteristiche tecniche, poi in buona parte assorbite dallo stile classico. Il suo trattato Versuch über die wahre Art das Klavier zu spielen (Saggio di metodo per la tastiera, 2 voll., 1753-1763) costituisce una fondamentale fonte di informazioni sull'esecuzione contemporanea della musica settecentesca.


11. Leopold Mozart (Augusta 1719 – Salisburgo 1787), violinista e compositore austriaco, padre di Wolfgang Amadeus; compiuti gli studi ad Augusta, si trasferì a Salisburgo, per studiare teologia. Ivi fu invece musicista nella Cappella arcivescovile; compose sinfonie, musica sacra, concerti e musica da camera.  Il suo “Violinschule” (Metodo per violino) del 1756 fu una delle opere didattiche più importanti del secolo, che si diffuse – tradotto - in tutta Europa.


12. Quantz, Johann Joachim (Oberscheden, Bassa Sassonia 1697 - Potsdam 1773), flautista e compositore tedesco. Soggiornò in Italia a Roma, Napoli e Venezia, entrando in contatto con Alessandro Scarlatti, Antonio Vivaldi e Tommaso Albinoni, che ne influenzarono lo stile compositivo. Ottenne grande successo come flautista a Parigi e a Londra, poi divenne maestro di flauto di Federico II di Prussia che seguì nei suoi viaggi, stabilendosi definitivamente a corte dal 1741. Scrisse quasi trecento concerti per flauto e archi, sulla falsariga del concerto solistico italiano, circa duecento sonate per flauto e basso continuo, musica da camera con flauto: un corpus in gran parte scritto per Federico II, che dello strumento era buon dilettante. Con la sua attività promosse il flauto dal ruolo di strumento secondario a quello di protagonista. Nel 1752 pubblicò a Berlino il “Konigl. PreuBischen Kammermusicus, Versuch einer Anweisung die Flote tra versiere zu spilen; mit verschiedenen, zur Beforderung des guten Geschmackes in der praktischen Musik dienlichen Anmerkungen begleitet, und mit Exemplen erlutert. Nebst XXIV. Kupfertafeln. Berlin, bey Johann Friedrich Voss. 1752.“ (Trad. : Johannn Joachim Quanz, Musicista da camera di Sua Maestà il re di Prussia, Saggio di un metodo per suonare il flauto traverso, accompagnato da molteplici indicazioni per il miglioramento del buon gusto nella pratica musicale ed illustrato con vari esempi. Ruggenti Editore, Milano 1992).


13. ibidem

 
di Romolo Calandruccio
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