
Nelle ultime quattro battute, in quella che si può definire una codetta, viene identificato lo sfinimento di Venere a seguito della sua disperazione, questo aspetto fisico-psicologico viene reso musicalmente come segue:
•Melodicamente: dall’acuirsi della tensione per il cromatismo e il ritmo pirrichio incalzante usato nel basso (semiminima col punto e croma - batt. 96-97);
•Ritmicamente: dallo sfinimento vero e proprio, ottenuto allontanando il cromatismo (ogni minima – batt. 98-99), rendendo quindi il tempo più “regolare” e rallentando l’azione con uno sviluppo in orizzontale della parte (arpeggio) e il rallentando segnato dall’autore;
•Dinamicamente: con l’uso del pianissimo segnato dall’autore (si ritiene che, il pianissimo sia da considerarsi segnato alla fine di un diminuendo che segue il rallentando, e non dove indicato sulla partitura (v. esempio)) .

Anche questo brano finisce sulla dominante della tonalità del nuovo brano.
IL PIANTO DI VENERE
Largo (tonalità FA minore2, tempo 4/4, numero battute: 26)

Se si considera la divisione in quattro parti dell’intero brano, non si può non tenere conto che tutta la seconda sezione, da Venere e Adone amoreggiano fino a questo punto, è stata un continuo crescendo di tensioni. Per cui, questo Largo si pone come un Adagio di sonata o di concerto; infatti lo stile è quello dell’Adagio alla francese3.
In questa sezione vi è un uso magistrale dei chiaroscuri ottenuti con:
•un accompagnamento4 molto discreto, lasciando come protagonista assoluta Venere e il suo “canto” straziante;
•la sapiente alternanza dei modi maggiori e minori (v. bat. 18, oppure, il LAb maggiore alla bat. 13 che arriva all’improvviso senza nessuna cadenza o preparazione, tanto da non sembrare una vera modulazione, ma più una tonicizzazione5 );
Il tema non inizia subito, ma dopo due battute di preparazione:
1=> 2I - VII (brevissima introduzione “orchestrale”) (fig. 48)

3 => 10Prima idea tematica (Venere canta il suo dolore) (fig. 49). Questa è intrisa di pathos, che Carulli ottiene con:
=> un largo utilizzo dell’intervallo di 2a;
=> il salto di quarta diminuita (a) con il Passus Duriusculus,
=> il cromatismo (b),
=> il melos drammatico del salto di quinta (c) e di ottava (c1) e dalle scale discendenti (d e d1), con l’uso dell’appoggiatura, che riportano tutto alla nota di partenza:


Si vuole sottolineare, ancora una volta, l’aspetto psicologico bellissimo della cadenza evitata alla bat. 6 (fig 49 - e), che sembra creare quel piccolo momento di rassegnazione e pace, che si ha nei momenti di grande disperazione, come se per un attimo si accettasse passivamente il fato.
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2. La modulazione in teoria è ai toni lontani, ma in pratica è stata “addolcita”, preparandola con la sezione in DO minore e la si avverte come una “normale” modulazione al IV grado del tono di DO. La scelta inoltre di “abbassare” la tonalità di 4 bemolli sottolinea anche il “moto verso il basso” dello stato d’animo (F.R. della Catabasi).
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3. Johann Joachim Quantz, Op. cit. , Cap. XIV §2, p. 184. “L’Adagio, in ciò che concerne la maniera di eseguirlo e di abbellirlo, può essere considerato in due modi, vale a dire secondo lo stile francese e secondo quello italiano. Il primo richiede un’esecuzione pulita e sostenuta per tutto il canto, ed uno stile sempre accompagnato dagli abbellimenti essenziali come appoggiature, trilli e semi-trilli, mordenti, gruppetti, battemens, flattemens ecc., ma senza l’aggiunta di grandi volatine né di molti abbellimenti estemporanei. […] Nel secondo modo, quello italiano non ci si accontenta dei piccoli abbellimenti francesi, ma si cerca di introdurre nell’Adagio lunghe ornamentazioni elaborate e raffinate, che, comunque, devono sempre accordarsi con l’armonia.”.
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4. L’orchestrazione.
5. Momentaneo spostamento del centro tonale su un grado diverso dalla tonica.