Sul sentimento e la prassi esecutiva ad esso legata:
Questa regola ha comunque le sue eccezioni, ragion per cui è necessario considerare anche le seguenti caratteristiche. Una passione può essere riconosciuta dal fatto che gli intervalli tra le note siano estesi o brevi, nonché dall’osservare se le note stesse debbano venire legate o articolate. La dolcezza, la malinconia e la tenerezza sono espresse da figurazioni legate e da brevi intervalli, la gaiezza la baldanza da note brevi ed articolate, o da quelle che formano ampi salti, nonché dalle figurazioni in cui compaiono regolarmente dei punti di valore dopo la seconda nota15. Le note puntate e sostenute esprimono il serio ed il patetico; le note lunghe, come le semibrevi e le minime, frapposte a note più veloci, esprimono il maestoso ed il sublime.
Gli affetti possono essere compresi per mezzo delle dissonanze. Lungi dall’essere tutte uguali, esse possono produrre una varietà di affetti diversi. […] La quarta indicazione dell’affetto dominante è la parola posta all’inizio di ciascun brano: Allegro, Allegro non tanto, - assai, - di molto, - moderato, Presto, Allegretto, Andante, Andantino, Arioso, Cantabile, Spiritoso, Affettuoso, Grave, Adagio, Adagio assai, Lento, Mesto e così via. Ciascuna di queste parole se indicata con criterio, richiede un’espressione particolare. In aggiunta a ciò, come ho precedentemente spiegato, ogni brano avente un carattere compreso tra quelli prima menzionati può contenere in sé diverse mescolanze di pateticità, dolcezza, gaiezza, maestosità o facezia. Bisogna di conseguenza che si adotti, per così dire, un differente affetto ad ogni misura, al fine di suscitare in se stessi sentimenti ora melanconici, ora gai, ora gravi ecc.
Tali cambiamenti sono alquanto necessari in musica. Chi potrà penetrare a fondo quest’arte non mancherà di ottenere il plauso degli uditori e la sua esecuzione non potrà che rivelarsi sempre toccante.” 16 (Da quanto letto sopra, si rileva come, nel Settecento inoltrato, venivano riproposte le indicazioni sulla prassi esecutiva fornite dal Werckmeister quasi un secolo prima).
Sulle dissonanze:
“ […] ogni brano deve essere considerato con attenzione all’interno del suo contesto e lo scopo principale della musica, quello cioè di eccitare e sopire gli affetti, non deve mai venire dimenticato. Al fine di eccitare le differenti passioni, le dissonanze devono venire eseguite con più forza delle consonanze. Le consonanze tranquillizzano e pacificano lo spirito, mentre le dissonanze lo inquietano.
Proprio come un piacere ininterrotto, di qualsiasi tipo esso sia, può indebolire ed esaurire la nostra capacità di rimanervi sensibili fino al momento in cui tale piacere cessa, così una lunga serie di consonanze pure può causare all’orecchio disgusto e dispiacere, se esse non vengono intervallate qua e là con suoni meno piacevoli, quali sono le dissonanze. Quindi quanto più una dissonanza viene distinta dalle altre note, tanto più colpisce l’orecchio. Più è spiacevole ciò che interrompe il nostro piacere, più è gradevole ciò che lo segue. Più la dissonanza è aspra, più sarà benvenuta la risoluzione. Senza questa misura di suoni gradevoli e sgradevoli non ci sarebbe più alcuna maniera in musica di destare subitamente le diverse passioni per poi saperle sopire nuovamente.
Tali sgradevolezze non devono però essere sempre della stessa intensità, poiché vi sono delle dissonanze che devono avere più effetto di altre e che quindi vanno eseguite con maggior determinazione. La nona, la nona e la quarta, la nona e la settima, la quinta e la quarta, non sono percepibili all’orecchio nella stessa maniera della quinta con la sesta maggiore, della quinta diminuita con la sesta minore, della quinta diminuita con la sesta maggiore, della settima minore con la terza maggiore o minore, della settima maggiore, della settima diminuita, della settima con la seconda e la quarta, della sesta eccedente, della seconda minore con la quarta, della seconda maggiore ed eccedente con la quarta eccedente e della terza minore con la quarta eccedente. Le prime infatti necessitano di un’enfasi di gran lunga inferiore a quella richiesta da queste ultime.
Comunque anche tra queste si può realizzare una distinzione. La seconda minore con la quarta, la seconda maggiore ed eccedente con la quarta eccedente, la terza minore con la quarta eccedente, la quinta diminuita con la sesta maggiore, la sesta eccedente, la settima diminuita, e la settima con la seconda e la quarta richiedono più enfasi ancora delle altre, e chi esegue l’accompagnamento deve quindi eseguirle con maggior forza, impiegando un tocco più deciso.”17
Sulla dinamica18:
“Per chiarire ulteriormente tale materia (n.d.r. le dissonanze) […] con riferimento alla differenza nell’esecuzione per ciò che riguarda la moderazione o il raddoppio dell’intensità del suono da cui si può capire chiaramente che, al fine di esprimere correttamente gli affetti, l’alternanza del Piano e del Forte rappresenta l’elemento più essenziale dell’esecuzione. […]
Per essere ancora più chiaro ho diviso le dissonanze in tre classi distinte, secondo i loro effetti e la maniera in cui devono essere eseguiti, conformemente a ciò che ho espresso prima. Le dissonanze che appartengono alla prima classe vanno suonate Mezzo Forte, quelle che appartengono alla seconda classe, Forte, e quelle che appartengono alla terza, Fortissimo.
Nella prima classe, Mezzo Forte, vengono catalogate:
la seconda con la quarta,
la quinta con la sesta maggiore
la sesta maggiore con la sesta minore
la settima minore con la terza minore,
la settima maggiore.
Alla seconda classe, Forte, appartengono:
la seconda con la quarta eccedente,
la quinta diminuita con la sesta minore.
Alla terza classe, Fortissimo, annovera:
la seconda eccedente con la quarta eccedente,
la terza minore con la quarta eccedente,
la quinta diminuita con la sesta maggiore,
la sesta eccedente,
la settima diminuita,
la settima maggiore con la seconda e la quarta.”19
Come accennato all’inizio, un altro aspetto molto importante legato direttamente alla teoria degli affetti è l’utilizzo delle figure retoriche musicali20.
Per quanto possa risultare molto discutibile agli occhi di alcuni dare un significato semantico ben preciso alle diverse cellule, incisi o frasi musicali di un brano, non si può negare un retroterra storico-musicale basato sulla suddetta teoria21. Su tale argomento è interessante la considerazione che ne fa Gianluca Terranova22:
L’imitazione e l’espressione degli affetti è il criterio essenziale per valutare l’arte di un compositore o di un interprete. […] si capisce come l’individuazione degli affetti della musica sia uno degli elementi cardine nell’ambito di una interpretazione; così come la presenza di un testo letterario ci consente di confermare gli affetti resi musicalmente, essa può facilitare non poco la scelta dei criteri interpretativi.”
Come si è detto inizialmente si è voluto fornire uno spunto a quella che era la prassi esecutiva, alla teoria degli affetti e alle figure retoriche musicali, ma senza dubbio, chi vuole affrontare il repertorio di questo periodo seguendo un’interpretazione strettamente filologica non può evitare di approfondire ulteriormente gli argomenti appena accennati.
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14. Op. cit. Cap. XIV § 6.
“Vi sono diversi generi di brani lenti. Alcuni sono molto lenti e malinconici, mentre altri sono un po’ più vivaci, quindi più piacevoli e gradevoli. In entrambi i casi lo stile di esecuzione dipende grandemente dalla tonalità in cui sono scritti. La minore, Do minore, Re diesis maggiore e Fa minore, esprimono meglio di altre tonalità minori un sentimento malinconico, e questa è la ragione per cui i compositori le impiegano a questo proposito. Le altre tonalità maggiori e minori, invece, sono usati per brani cantabili, gradevoli, e che non hanno altro scopo che un piacevole intrattenimento.”.
15. Così è il ritmo detto “lombardo” o “francese rovesciato”.
16. Op. cit. , pag. 141 § 16.
17. Op. cit., pp. 282 – 283, § 11, 12, 13.
18. Si vuol far notare come le indicazioni dinamiche segnate da Carulli in Adone e Venere corrispondano perfettamente a quelle indicate da Quantz “al fine di esprimere correttamente gli affetti”.
19. Op. cit., p. 283 § 14.
20. “Divenuta perfetta expressio verborum, la musica del periodo barocco raggiunge tale completezza e unità stilistica da riuscire a rappresentare ogni tipo di emozione; ciò non tanto tramite mezzi espressivo-psicologici, bensì per moduli figurativi e intellettuali trasformatisi ora in vere e proprie rappresentazioni della parola. Innumerevoli figurae, catalogate come “affetti”, erano destinate a rappresentarli musicalmente e ad esprimere la cosiddetta “lezione”. In tal modo la retorica classica, recuperata dall’Umanesimo, divenne vera e propria disciplina scolastica: così che in ogni Lateinschule (scuola di latino) maestri e teorici ripresero sia il modello di Cicerone che, soprattutto, quello di Quintiliano, per esporli come vera “arte del discorso” e della comprensione testuale.”. Giusy Costa, in “Sulla letteratura Bachiana – questioni analitiche e problemi interpretativi” di M. Musumeci, Latessa, Catania 1996 p. 11.
21. A tal proposito si sa, da fonti storiche, che nella formazione musicale di J. S. Bach lo studio della retorica ebbe un ruolo importantissimo.
22. Gianluca Terranova, in “Sulla letteratura Bachiana – questioni analitiche e problemi interpretativi” di M. Musumeci, Latessa, Catania 1996 pp. 7-8.